Nella cura di una strategia SEO per il proprio blog aziendale è importantissimo saper individuare quali sono le buone e le cattive pratiche legate alla scrittura per il web; per quanto riguarda la seconda tipologia, tra queste vi è il keyword stuffing.
In questo articolo capiamo che cos’è, perché e come evitarlo al fine di non compromettere l’intera strategia di posizionamento del proprio sito web.
Indice
Che cos’è il keyword stuffing
Il keyword stuffing (o keyword spamming) è una pratica SEO considerata scorretta da Google. Consiste nell’inserire la parola chiave per la quale si intende posizionarsi in modo eccessivo nel testo.
Se da un lato sappiamo che inserire la parola chiave primaria in punti strategici dell’articolo è importante ai fini del posizionamento, dobbiamo anche essere consapevoli che un suo abuso può produrre l’effetto contrario.
Al fine di curare una strategia di blogging efficace, quindi, non basta semplicemente individuare le parole chiave da usare per scrivere gli articoli, ma è anche indispensabile sapere con esattezza dove inserirle e quali accortezze adottare per non rischiare di essere penalizzati. Il keyword spam è infatti un errore comune presente proprio nei blog gestiti in modalità “fai da te”, dove manca una conoscenza accurata della SEO.
In cosa consiste il keyword stuffing
Stuffing in Inglese significa riempitura e in ottica SEO viene usato proprio per descrivere la pratica di inserire la parola chiave in modo ripetuto nel testo.
Facciamo un esempio pratico. Se voglio posizionare un articolo SEO per la keyword “viaggi in autonomia”, intuitivamente potrei pensare di dover ripetere questo termine in tutti i titoli, sottotitoli, attributi Alt delle immagini e corpo testo. Al contrario facendolo incorrerei esattamente nel keyword stuffing.
Perché avviene la penalizzazione?
Nel corso degli anni Google ha messo a punto un insieme di pratiche volte a tutelare l’esperienza degli utenti online premiando (in termini di posizionamento) siti web effettivamente capaci di offrire al lettore contenuti di valore, ovvero approfonditi ed effettivamente orientati a rispondere alle sue domande.
Attraverso una tecnologia sempre più avanzata è quindi oggi in grado di intuire quali sono gli articoli (e i siti web) che veicolano effettivamente contenuti utili per gli utenti e quali invece cercano di “ingannare” l’algoritmo attraverso cattive pratiche (le cosiddette black hat SEO).
Cosa succede quando si subisce la penalizzazione?
Quando si applicano pratiche scorrette il proprio sito web subisce un crollo di traffico che si traduce, nei casi migliori, in una perdita di posizioni rilevanti in Serp e, in quelli più gravi, nella scomparsa totale dal motore di ricerca.
In ottica di business le conseguenze delle penalizzazioni sono disastrose perché appunto possono comportare la scomparsa della propria attività dai risultati di Google rendendo vano ogni sforzo di marketing implementato per guadagnare traffico e visibilità.
Come capire se il proprio sito ha subito una penalizzazione
Per rendersi conto di aver subito una penalizzazione Google è necessario analizzare i propri livelli di traffico. A tal proposito, strumenti come Google Search Console permettono di monitorare il volume di traffico sul proprio sito web e su pagine specifiche di quest’ultimo.
Quando si nota un crollo repentino del traffico cui siamo abituati potremmo aver subito proprio una penalizzazione.
Quando succede è indispensabile innanzitutto intervenire sul problema, quindi ripulire il sito web delle parole chiave in eccesso, e successivamente presentare una richiesta di revisione allo stesso Google.
Si tratta di una procedura relativamente semplice quando svolta da professionisti che padroneggiano questi strumenti, oltre che le discipline del blogging e del SEO copywriting. Ecco perché, soprattutto al fine di limitare l’impatto negativo sulla promozione aziendale visto prima, sarebbe sempre opportuno rivolgersi a esperti quando si vuol essere certi di risolvere il problema.
Come evitare di essere penalizzati
Sappiamo benissimo che prevenire è sempre meglio che curare. Allora come si fa a non incorrere nel keywords stuffing e nelle conseguenti penalizzazioni?
Fondamentalmente basterebbe scrivere correttamente in ottica SEO e con il reale obiettivo di fornire valore al proprio lettore anziché riempire il testo della parola chiave in questione senza nessuna cognizione di causa.
Un contenuto ben scritto, pensato cioè per rispondere realmente alle domande dell’utente e permettergli di risolvere un problema specifico (che sia informativo o meno), non incorre in nessuna penalizzazione e ha tutte le probabilità di posizionarsi in Serp.
Un articolo, invece, che ripete lo stesso concetto per tutto il corpo testo senza offrire nessun valore aggiunto ha tutte le carte in regola per venire penalizzato.
Pattuito quindi che ogni blog post deve essere scritto pensando all’intento di ricerca del lettore, per evitare la penalizzazione basterà inserire la parola chiave primaria nel titolo H1 e in modo moderato nel testo, mentre le parole chiave secondarie e correlate nei titoli H2.
Una struttura di questo genere permette realmente di sviscerare un argomento nelle sue componenti principali e correlate offrendo al lettore una panoramica completa e utile alla sua ricerca iniziale.
In altre parole, per evitare la penalizzazione è sufficiente lavorare bene.